18 febbraio 2010

L'isola del teatro



La Tempesta diretta da Andrea De Rosa ha aperto nell’ottobre scorso la seconda stagione del rinnovato San Ferdinando di Napoli. Per il regista, neo-direttore dello stabile partenopeo, si è trattato di una scelta ovvia quanto ineccepibile: dirigere, nel teatro che fu di De Filippo, uno dei testi che Eduardo amava di più e che riuscì a tradurre in dialetto napoletano poco prima di morire.
A quattrocento anni dalla stesura La Tempesta, come ogni classico che si rispetti, non ha ancora rivelato i suoi segreti. E la possibilità che ciò avvenga diminuisce ad ogni sua messinscena, così come diventa impossibile capire il senso di una conversazione quando più voci si accavallano e si mescolano. Ogni interpretazione parla sopra alle precedenti, le rievoca, le irrobustisce oppure le contraddice, le dissolve. Chi non ha dimestichezza con la fantasia giudicherà questa Tempesta un esercizio inerte e uno spettacolo dimenticabile; e sarà portato perfino a biasimare le frequenti citazioni e i richiami alle arti figurative. Richiami che dimostrano invece, per usare le insuperabili parole di Roberto Longhi, la “perennità sotterranea di certe sorgenti visuali che soccorrono nei momenti decisivi gli assetati d’invenzione”, e che sono un vero allettamento per chi ama le benefiche risonanze tra parole e immagini, in grado di rivitalizzare le une e le altre. Molly Sweeney, una delle ultime messinscene di De Rosa, folgorante per intensità e invenzioni sceniche, non può non riandarvi con la mente. Luce, follia e alterazioni della percezione ritornano in questa lettura shakespeariana dai tratti freudiani: l’illuminazione che fonde palco e platea appena si fa sala (a sipario aperto, come ormai è consuetudine), per poi farsi abbacinante e ospedaliera nella zona del letto; la recitazione di Rolando Ravello, che riporta la deformità di Calibano su un piano psicologico anziché fisico, e dell’intero gruppo di naufraghi, soggiogati psichicamente al potere di Prospero; la simultaneità delle scene, che non viola la rigida unità temporale del testo (peraltro un unicum nel repertorio del Bardo) ma mette in azione tutti i gruppi di personaggi, gli uni all’insaputa degli altri. Miranda (Federica Sandrini) somiglia così a una degente in sottoveste e Ferdinando (Gino De Luca) è il giovane – anzi, ‘o guaglione – che la salverà dall’isteria; Ariel non è un giovane spiritello ma un anziano gentiluomo (Rino Cassano), costretto alla verticalità come un appeso, mentre Calibano è un figlio disadattato tenuto in cattività. Quanto a Prospero, Umberto Orsini ne fa una sorta di ipnotista, osando con intenzione registri vocali differenti e producendo un’atmosfera quasi esoterica, con qualche ammicco metateatrale, prima dell’atteso monologo finale: la rinuncia alla vendetta e alla magia. E nel testo sforbiciato da De Rosa trovano posto, in maniera meravigliosamente disorientante, gli inserti in dialetto prelevati dalla versione eduardiana. 

L’intreccio del dramma originale è centrato sulla figura del duca Prospero, il quale, con le sue arti magiche, ingenera un movimento prima divergente, facendo naufragare i cospiratori che usurparono anni prima il suo regno, e poi convergente, riunendoli sull’isola dove vive insieme con alcuni bizzarri servitori e con la figlia Miranda. De Rosa accentra su quest’ultima la prima parte del dramma, facendola giacere su un letto collocato al centro di uno spazio che sintetizza la spiaggia dove dovrebbe consumarsi la vendetta. Alle sue spalle un drappo di velluto rosso, come un controsipario, fa da sfondo alle discese e risalite di Ariel, lo spirito che Prospero ha asservito per compiere i suoi piani. Intorno al letto si accalcano i sopravvissuti al naufragio, gli unici a indossare abiti secenteschi, obbligati a muoversi in uno spazio neutro dominato da gradienti luminosi, da pochissimi elementi scenografici e da un uso quasi lynchiano del suono, in un susseguirsi di echi ed esplosioni. Chi ha visto

Un’ora e mezzo di spettacolo senza interruzioni, seguito da applausi decisi, per La Tempesta, visto al Teatro Verdi mercoledì 17 febbraio 2010


La Tempesta
di William Shakespeare
adattamento e regia Andrea De Rosa
con Umberto Orsini, Flavio Bonacci, Rino Cassano, Francesco Feletti, Carmine Paternoster, Rolando Ravello, Enzo Salomone, Federica Sandrini, Francesco Silvestri, Salvatore Striano
spazio scenico Alessandro Ciammarughi, Andrea De Rosa, Pasquale Mari
scene e costumi Alessandro Ciammarughi
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
musica Giorgio Mellone

da Pisanotizie.it, 18 febbraio 2010