Il terzo appuntamento della
rassegna Teatri di Confine manda in scena al Teatro Sant’Andrea il duo milanese
formato da Paolo Mazzarelli e Lino Musella.
Due coppie di personaggi, due
storie: la prima, presso una fermata d’autobus, fa da cornice alla seconda,
ambientata nell’ufficio di un produttore televisivo. Ne è, per così dire, la
periferia, l’ombra tetra che si allunga ai margini della città, benché quale
storia sia centrale e quale periferica può deciderlo solo la posizione
dell’osservatore. Due barboni discutono su come arrangiarsi, coltivando la
speranza di un futuro senza preoccupazioni; un giovane si abbandona
completamente alla mercè del conduttore dello show cui vuole partecipare, come
se questo fosse l’unico sogno possibile.
La prossimità delle due storie, i
cui momenti sono posti in transizione grazie a materiali audio e video di
intelligente modernità, non sta nelle situazioni o nei dialoghi; consiste
invece nel somigliarsi dei rapporti tra i personaggi, nell’equilibrio instabile
che li regola, in ragione del quale ogni ricerca o aspirazione personale non
può che essere dipendente da qualcosa di esterno. Così l’aspirante protagonista
dell’ennesimo reality show è sottoposto agli imperativi del casting; e le
esigenze della società dello spettacolo dicono qui di una realtà che non ha
immagine se non quella raccontata, mediata, filtrata da un organismo super-umano.
Mentre il sogno fragile dei due barboni, ingenuo scenario di felicità tanto
delicato da non doversi descrivere, è legato a un’attesa, a un’occasione che si
lascia aspettare (un autobus o un datore di lavoro, attesa indubitabilmente
vana, per chi vi vedrà il ripetersi di una cifra beckettiana).
I due attori mimetizzano il
proprio corpo nelle maschere direttamente prelevate da frammenti di realtà
contemporanea, ricavando i personaggi, i loro abiti e i loro registri
linguistici, da cliché ben noti (il borgataro disposto ad essere plagiato pur
di esistere televisivamente; il produttore milanese, spavaldo esecutore dello
show business che ragiona in termini di profitto; il senzatetto ritardato e
quello scafato); nondimeno dimostrano di non voler aderire a queste matrici,
anzi di volerle deformare, piegare a un gioco scenico vibrato e sorprendente,
che nasconde un’analisi profonda nelle ridicole pieghe dello stereotipo.
Scrivono Musella e Mazzarelli nelle note di regia: «Cos’hanno in comune i
personaggi della Regale Fogna di certa TV e gli altri due che bazzicano nella
reale spazzatura di tutti i giorni? Primo: fanno ridere ma non lo sanno.
Secondo: non hanno speranze ma sono convinti di averne. Terzo: sono figli
diversi e illegittimi di una stessa realtà, di un Comune tempo, di un Brutto
Dio».
Circa un’ora di spettacolo, applaudito con sincerità,
giovedì 28 ottobre al Teatro S. Andrea.
Figli di un brutto
dio
di e con Paolo
Mazzarelli e Lino Musella
organizzazione al
debutto Patrizia Gandini
scatti fotografici
di Matteo Delbò
da Pisanotizie.it, 29 ottobre 2010