28 ottobre 2010

Grandi aspettative



Il terzo appuntamento della rassegna Teatri di Confine manda in scena al Teatro Sant’Andrea il duo milanese formato da Paolo Mazzarelli e Lino Musella.
Due coppie di personaggi, due storie: la prima, presso una fermata d’autobus, fa da cornice alla seconda, ambientata nell’ufficio di un produttore televisivo. Ne è, per così dire, la periferia, l’ombra tetra che si allunga ai margini della città, benché quale storia sia centrale e quale periferica può deciderlo solo la posizione dell’osservatore. Due barboni discutono su come arrangiarsi, coltivando la speranza di un futuro senza preoccupazioni; un giovane si abbandona completamente alla mercè del conduttore dello show cui vuole partecipare, come se questo fosse l’unico sogno possibile.

La prossimità delle due storie, i cui momenti sono posti in transizione grazie a materiali audio e video di intelligente modernità, non sta nelle situazioni o nei dialoghi; consiste invece nel somigliarsi dei rapporti tra i personaggi, nell’equilibrio instabile che li regola, in ragione del quale ogni ricerca o aspirazione personale non può che essere dipendente da qualcosa di esterno. Così l’aspirante protagonista dell’ennesimo reality show è sottoposto agli imperativi del casting; e le esigenze della società dello spettacolo dicono qui di una realtà che non ha immagine se non quella raccontata, mediata, filtrata da un organismo super-umano. Mentre il sogno fragile dei due barboni, ingenuo scenario di felicità tanto delicato da non doversi descrivere, è legato a un’attesa, a un’occasione che si lascia aspettare (un autobus o un datore di lavoro, attesa indubitabilmente vana, per chi vi vedrà il ripetersi di una cifra beckettiana).
I due attori mimetizzano il proprio corpo nelle maschere direttamente prelevate da frammenti di realtà contemporanea, ricavando i personaggi, i loro abiti e i loro registri linguistici, da cliché ben noti (il borgataro disposto ad essere plagiato pur di esistere televisivamente; il produttore milanese, spavaldo esecutore dello show business che ragiona in termini di profitto; il senzatetto ritardato e quello scafato); nondimeno dimostrano di non voler aderire a queste matrici, anzi di volerle deformare, piegare a un gioco scenico vibrato e sorprendente, che nasconde un’analisi profonda nelle ridicole pieghe dello stereotipo. Scrivono Musella e Mazzarelli nelle note di regia: «Cos’hanno in comune i personaggi della Regale Fogna di certa TV e gli altri due che bazzicano nella reale spazzatura di tutti i giorni? Primo: fanno ridere ma non lo sanno. Secondo: non hanno speranze ma sono convinti di averne. Terzo: sono figli diversi e illegittimi di una stessa realtà, di un Comune tempo, di un Brutto Dio».

Circa un’ora di spettacolo, applaudito con sincerità, giovedì 28 ottobre al Teatro S. Andrea.


Figli di un brutto dio
di e con Paolo Mazzarelli e Lino Musella
organizzazione al debutto Patrizia Gandini
scatti fotografici di Matteo Delbò

da Pisanotizie.it, 29 ottobre 2010