Bernard-Marie Koltès non è autore tra i più frequentati dai
nostri teatranti. I suoi sono testi angolosi, misteriosamente irrazionali,
difficili da recepire e mettere in scena. Dobbiamo considerare quindi come una
singolare coincidenza (da attribuire forse alla recente ricorrenza dei
vent’anni dalla scomparsa) il fatto che nella stessa stagione due compagnie
diverse abbiano lavorato sullo stesso testo, peraltro uno di quei lavori
rimasti incompiuti alla morte del drammaturgo francese.
I primi arrivati su Coco (tra un mese vedremo a Buti
la versione diretta da Alessio Pizzech e Dario Marconcini), nella fluida
traduzione di Luca Scarlini, sono i bolognesi Teatrino Giullare (Giulia
Dall’Ongaro e Enrico Deotti), compagnia che in oltre dieci anni di produzioni
ha pescato nel repertorio drammaturgico di Beckett, Bernhard, Pinter e Koltès,
per l’appunto, dimostrando una significativa preferenza per testi impegnativi e
saturi di parole, su cui applicare un filtro rigeneratore.
Coco è, naturalmente, Gabrielle Chanel, la stilista più
influente del secolo passato. Ma a differenza dei ritratti che le sono stati
recentemente dedicati sul grande e piccolo schermo, la pièce non ha niente di
biografico. Nei frammenti che la compongono, tre brevi scene, si legge una
variazione sul tema del conflitto servo-padrone, declinato al femminile come
nel più celebre Les bonnes di Genet, in cui il personaggio dell’anziana
stilista vi compare solo in ragione dell’estremo contrasto che genera col
carattere volgare e inelegante della domestica Consuelo.
Tutte e tre le scene sono dialoghi tra le due donne: nella
prima Coco, ormai vecchia e bisbetica, rimprovera a Consuelo la sua rozza
civetteria; nella seconda le due si rinfacciano crudelmente i torti di una vita
trascorsa insieme; nell’ultima Coco, morente, attenua lo scontro e si lascia
andare ai rimpianti, quasi implorando la compagnia della serva.
È Giulia Dall’Ongaro, interprete straordinaria, a dar voce a
entrambe le donne: arrochita e rabbiosa quella di Coco, cinica e irriverente
quella di Consuelo. Ma le due voci – è questa l’invenzione scenica dello
spettacolo – giocano a nascondersi, non lasciando mai intuire la loro
provenienza. Chanel è un’ombra, poi un manichino, infine una maschera su un
corpo sdraiato sotto le lenzuola dell’ultimo letto. Il quadro della scena porta
memoria di un atelier, ma reso squallido e disadorno, per via dei fiori morti,
dei busti e dei manichini in disordine. Le luci, gialle, fioche, domestiche,
funeree, interrompono il buio, accompagnano e talora dirigono il ritmo dei
dialoghi.
Nella penombra del palcoscenico c’è infine un pianoforte, lo
sgabello è occupato da Arturo Annecchino. La sua musica è come quei giacimenti
dalla vena inesauribile; per oltre trent’anni il teatro italiano ed europeo ha
attinto al suo stile pianistico sorprendente e raffinato, per l’atmosfera e la
ricchezza di sfumature che sa aggiungere. Per Teatrino Giullare Annecchino ha
composto una suite luttuosa, impregnata di mezze luci, suonata tra una scena e
l’altra come a completare il testo lacunoso o a infondervi un senso ulteriore
di fatalità, un presagio di morte ineluttabile. Proprio la morte infatti, come
solitudine e rimpianto, come cancellazione del passato (anche di un passato
tanto splendente come quello di Chanel) e desiderio tardivo, è il tema decisivo
che percorre l’intero spettacolo, nello stato di costante tensione, tipico di
Koltès, che Teatrino Giullare cerca di restituire.
Poco meno di un’ora di spettacolo e applausi purtroppo indecisi
al Teatro Rossini di Pontasserchio, venerdì 29 gennaio.
Coco
tre frammenti di un testo rimasto in stato di progetto
di Bernard-Marie Koltès
Una performance interpretata e diretta da Teatrino Giullare
Traduzione Luca Scarlini
Musica originale Arturo Annecchino, Piccola messa da requiem senza parole, eseguita in scena dall'autore.
tre frammenti di un testo rimasto in stato di progetto
di Bernard-Marie Koltès
Una performance interpretata e diretta da Teatrino Giullare
Traduzione Luca Scarlini
Musica originale Arturo Annecchino, Piccola messa da requiem senza parole, eseguita in scena dall'autore.
da: Pisanotizie.it, 1 febbraio 2010