15 giugno 2011

Omaggio a Edith Piaf in una notte di luna rossa



Tra le piacevoli sorprese che incontra un frequentatore di teatro può capitare quella di trovarsi ad assistere, in una calda serata che molti ricorderanno per l’eclissi lunare, a uno spettacolo intimo, suggestivo, dalle tinte misteriose e opalescenti.
C’è una ragazza, dice di chiamarsi Marcelle Dupont e di essere la figlia di Edith Piaf. Della madre ha la stessa voce graffiata, le fattezze spigolose, il pallore spiritato. Ma la figlia della cantante della Vie en rose, la vera Marcelle Dupont (avuta giovanissima da un muratore di nome Louis Dupont), è morta a soli tre anni per una meningite acuta.

Si dovrà allora credere alla diagnosi rilasciata dall’istituto psichiatrico dove la ragazza viene internata: Megalomania Delirante (M. D., precisamente come le sue iniziali). Una degenerazione psicotica, che convince chi ne soffre di possedere un’identità altra, spesso geniale, potente o frenetica. La sedicente Marcelle vive così la propria segregazione misurando la propria diversità rispetto alla presunta integrità dei “sani di mente”, cantando nelle ore d’aria, trovando conforto nella grottesca conversazione con gli altri pazienti, sommando ricordi e congetture, tutto ovviamente senza “pentirsi di niente”.
«Come fosse il luogo di un’allucinazione cosciente», questo ambiente di reclusione è dunque un non-luogo, uno spazio eterotopico, un varco oltre il quale si accede a un insieme differente di esperienze, più autentiche forse. I piani vi si moltiplicano e si riposizionano, agendo da schermo per le illustrazioni proiettate – assai curate e dal grafismo raffinato – come fossero una scenografia mentale; il disegno scenico, allo stesso tempo, si riconfigura attraverso le variazioni luminose e lo spessore dei materiali sonori.
Valentina Grigò, abito scuro e sguardo sperduto di chi non ha dimora, è sola in scena, ma il palco sul quale si muove è popolato di fantocci, ombre, oggetti e disegni animati, che lei stessa mette in azione mentre recita o canta, consumando tutte le sfumature a sua disposizione, dal grido al soffio, aggressiva e aspra a tratti, indifesa e disarmata in altri momenti.
Stupisce e alle volte lascia smarriti, ma sempre positivamente, l’accostamento delle liriche delle canzoni più celebri cantate dalla Piaf con i riverberi teosofici di Igor Sibaldi, ai cui testi si ispira parte della drammaturgia. Drammaturgia che talora tende davvero verso un abisso di alienazione kafkiana o meglio ancora verso la religiosità paranoide di un’opera come Inferno di Strindberg. Ma più di questi avventati paragoni descriveranno lo spettacolo le parole spesso autobiografiche e la musica di Mon Dieu, Les roses blanches, Padam… Padam…, fino al congedo di Non, je ne regrette rien: sono alcuni dei brani che si riascoltano dalla voce originale della Piaf, riproposti dalla Grigò oppure proiettati in video, in una pioggia di lettere che bagna i pannelli scuri della scenografia.

Un’ora e mezzo di spettacolo, visto mercoledì 15 giugno alla Città del Teatro di Cascina. Una replica prevista per giovedì sera.


M.D. Megalomania Delirante
di Stefano Filippi e Valentina Grigò
(liberamente ispirato alla vita e alle canzoni di Edith Piaf e ai testi di Igor Sibaldi)
con Valentina Grigò
regia Stefano Filippi
figure Valerio Cioni
oggetti di scena Emidio Bosco e Paolo Grigò
disegno luci Orlando Bolognesi
musiche Andrea Serrapiglio e Michela Alberti

da Pisanotizie.it, 16 giugno 2011