Chi non nutre simpatia per magie, giochi di prestigio e illusionismi
difficilmente apprezzerà gli spettacoli di Alessandro Bergonzoni. Chiarisco: la
velocità del gesto e la capacità del mago di dirottare gli sguardi su un
dettaglio inessenziale sono le condizioni necessarie al compiersi del trucco.
In modo simile Bergonzoni non risparmia chi è lento a passare da un gioco di
parole all’altro, a cui è precluso fatalmente il divertimento. Chi non riuscirà
a reggere il ritmo, chi si perderà nel flusso affabulatorio, affogando nelle
metafore a cascata senza possibilità d’aggrapparsi a un provvidenziale
ramoscello di senso, non sarà di certo tra gli appassionati dello scrittore bolognese.
Nondimeno, c’è un altro genere di ostilità che taluni
provano nei confronti di maghi e prestigiatori, che si indirizza al loro
portamento ambiguo, alla ripetitività esteticamente e muscolarmente perfetta, al
fare derisorio che inevitabilmente si accompagna ad ogni manipolazione. La
destrezza di Bergonzoni, com’è evidente, non fa leva sulla manualità ma sull’ingegnosità
della sofisticazione linguistica. Ma, come quella degli artisti della magia, non
ha forza perturbatrice, non ha niente di emozionante, tendenzioso o ideologico.
Ambisce invece a ri-sollevare il linguaggio dalle pastoie della grammatica e
della fonetica, sforbiciando i legami di senso e producendone di nuovi: nessuna
anarchia, solo enigmistica. Piacevolissima enigmistica, di cui rideranno a
crepapelle gli estimatori del gioco, coloro i quali amano meravigliarsi e sentono
il bisogno di fuggire da una realtà inquinata.
E per il resto? Il resto manca,
per dirne una alla Bergonzoni. Teatralmente parlando, Urge è uno spettacolo, a dir molto, essenziale: scarna la
scenografia (curata dallo stesso autore), formata da scheletriche impalcature
metalliche ed esili lampade in fondo scena, assente la musica e complessivamente
statico. Un vuoto scenico a cui sopperisce il dinamismo verbale e la profondità
della voce del performer.
Eppure… non c’è soltanto questo. Chi ha assistito
all’incontro che ha preceduto lo spettacolo (nel ridotto della Cittàdelteatro)
ha ascoltato un altro Bergonzoni, lo ha sentito discutere di attualità e lamentarsi
di una cultura spaventata, che non lavora su se stessa, che lascia gli
individui nella gabbia delle sue sovrastrutture. Chi scrive ha ricordato in
quel momento una vecchia e assai nota disputa. Al critico Kenneth Tynan, che
accusava il suo teatro di essere privo di ogni positivo valore umano e
“politico”, Eugène Ionesco rispose che i problemi politici sono soltanto
pallidi riflessi di realtà più profonde, che la condizione umana presiede alla
condizione sociale e non viceversa, che il dramma dovrebbe occuparsi di questo:
dolore della vita, paura di morire, sete di assoluto. La scelta di Bergonzoni
somiglia a quella di Ionesco: fare dell’assurdo, del qui pro quo e del doppio
senso, del “vizio di forma” e della “virtù di contenuto”, le dominanti di una
poetica dello spirito, dell’uomo nuovo.
È la strada giusta? Urge una risposta.
Quasi due ore di spettacolo e un paio di bis in chiusura,
sabato 5 febbraio alla Città del Teatro di Cascina.
Urge
di e con Alessandro Bergonzoni
regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi
scene Alessandro Bergonzoni
da Pisanotizie.it, 7 febbraio 2011