5 febbraio 2011

La parola d'ordine di Bergonzoni



Chi non nutre simpatia per magie, giochi di prestigio e illusionismi difficilmente apprezzerà gli spettacoli di Alessandro Bergonzoni. Chiarisco: la velocità del gesto e la capacità del mago di dirottare gli sguardi su un dettaglio inessenziale sono le condizioni necessarie al compiersi del trucco. In modo simile Bergonzoni non risparmia chi è lento a passare da un gioco di parole all’altro, a cui è precluso fatalmente il divertimento. Chi non riuscirà a reggere il ritmo, chi si perderà nel flusso affabulatorio, affogando nelle metafore a cascata senza possibilità d’aggrapparsi a un provvidenziale ramoscello di senso, non sarà di certo tra gli appassionati dello scrittore bolognese.
Nondimeno, c’è un altro genere di ostilità che taluni provano nei confronti di maghi e prestigiatori, che si indirizza al loro portamento ambiguo, alla ripetitività esteticamente e muscolarmente perfetta, al fare derisorio che inevitabilmente si accompagna ad ogni manipolazione. La destrezza di Bergonzoni, com’è evidente, non fa leva sulla manualità ma sull’ingegnosità della sofisticazione linguistica. Ma, come quella degli artisti della magia, non ha forza perturbatrice, non ha niente di emozionante, tendenzioso o ideologico. Ambisce invece a ri-sollevare il linguaggio dalle pastoie della grammatica e della fonetica, sforbiciando i legami di senso e producendone di nuovi: nessuna anarchia, solo enigmistica. Piacevolissima enigmistica, di cui rideranno a crepapelle gli estimatori del gioco, coloro i quali amano meravigliarsi e sentono il bisogno di fuggire da una realtà inquinata. 

E per il resto? Il resto manca, per dirne una alla Bergonzoni. Teatralmente parlando, Urge è uno spettacolo, a dir molto, essenziale: scarna la scenografia (curata dallo stesso autore), formata da scheletriche impalcature metalliche ed esili lampade in fondo scena, assente la musica e complessivamente statico. Un vuoto scenico a cui sopperisce il dinamismo verbale e la profondità della voce del performer.
Eppure… non c’è soltanto questo. Chi ha assistito all’incontro che ha preceduto lo spettacolo (nel ridotto della Cittàdelteatro) ha ascoltato un altro Bergonzoni, lo ha sentito discutere di attualità e lamentarsi di una cultura spaventata, che non lavora su se stessa, che lascia gli individui nella gabbia delle sue sovrastrutture. Chi scrive ha ricordato in quel momento una vecchia e assai nota disputa. Al critico Kenneth Tynan, che accusava il suo teatro di essere privo di ogni positivo valore umano e “politico”, Eugène Ionesco rispose che i problemi politici sono soltanto pallidi riflessi di realtà più profonde, che la condizione umana presiede alla condizione sociale e non viceversa, che il dramma dovrebbe occuparsi di questo: dolore della vita, paura di morire, sete di assoluto. La scelta di Bergonzoni somiglia a quella di Ionesco: fare dell’assurdo, del qui pro quo e del doppio senso, del “vizio di forma” e della “virtù di contenuto”, le dominanti di una poetica dello spirito, dell’uomo nuovo.
È la strada giusta? Urge una risposta.

Quasi due ore di spettacolo e un paio di bis in chiusura, sabato 5 febbraio alla Città del Teatro di Cascina.


Urge
di e con Alessandro Bergonzoni
regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi
scene Alessandro Bergonzoni

da Pisanotizie.it, 7 febbraio 2011