Qualunque sia il tempo e il luogo (si tratti della Spagna
del Seicento o della contemporaneità postindustriale), che cosa può fare un
uomo di lettere, dissennato e indebolito, sognatore inadatto alla realtà, se
non fare delle proprie visioni un racconto epico? Attribuire cioè un valore alle
proprie farneticazioni, fingersi ricco e temerario, trovare in uno spiantato
villico uno scudiero (rinominato Salvo Panza) che lo assecondi e gli regga il
gioco. Questo ci raccontava Cervantes e questo ci racconta Ruggero Cappuccio
nella sua riscrittura, modernizzata quanto basta per non precipitare
nell’attualità. È sempre l’amore di una donna, traguardo di salvezza e di pace,
a muovere le imprese di Don Chisciotte, qui trasformato nel professor Michele
Cervante; un casco per elmo, un carrello della spesa per cavallo, sfiderà
l’uomo e la natura (i mulini a vento sostituiti dalle turbine dell’aria
condizionata!) per l’amata Dulcinea. Ma l’errare (nei due sensi, l’inganno
della mente e il viaggio del corpo) rimane un gioco o un sogno, in fondo al
quale la febbre è un delirio che rinsavisce e induce alla rassegnazione.
Non si può dire quanto abbia danneggiato la messinscena
l’assenza dell’interprete designato nel ruolo principale, Roberto Herlitzka.
Infortunatosi nel corso di una delle prime repliche, sarà sostituito fino alla
fine della tournée da Claudio Di Palma, un altro degli attori storici che fanno
capo al sodalizio di Teatro Segreto (l’organismo produttivo di cui Cappuccio è
autore e Nadia Baldi regista). Di fatto, per mezzo di una di quelle “variazioni
accidentali” che fanno del teatro una cosa viva, Di Palma è riuscito ad
alimentare un gioco scenico ulteriore: abilmente dissimulando la necessità di
leggere il copione in scena, ha letteralmente sfogliato le pagine della sua
immaginaria avventura, concepita sui libri e come un libro ri-vissuta.
Quel che invece nuoce allo spettacolo è la leziosità del
testo, nel quale la musicalità insistita, la compiaciuta ricchezza linguistica
e dialettale (al napoletano ritoccato di Salvo Panza fa eco e contrappunto
l’ibrido italo-spagnolo cavalleresco di Don Chisciotte) e le frequenti incursioni
nel registro comico (giocate spesso e volentieri sul calembour e sul qui pro
quo) formano un impasto a tratti pedantesco.
La recitazione corposa e intonatissima dei due
protagonisti – aerea e vibrata quella di Di Palma, più terrigna ma non meno
poetica quella di Arena, dal timbro inconfondibile e rassicurante – il tappeto
sonoro di straniante modernità e la scenografia fissa, una fragile architettura
di tubi Innocenti che pare sintetizzare un cantiere abbandonato, sono le cose
migliori dello spettacolo, unendosi a formare un perfetto inquadramento
nosografico dei due eroi (o inetti?).
Un’ora e mezzo di spettacolo, ripagato da applausi
convinti, sabato 12 febbraio al Teatro Rossini di Pontasserchio.
Don Chisciotte
di Ruggero Cappuccio
regia Nadia Baldi
con Lello Arena e Claudio Di Palma
musiche Paolo Vivaldiregia Nadia Baldi
costumi Salvatore Salzano
progetto scene Nicola Rubertelli
scenografia Francesco Esposito
assistente alla regia Iolanda Salvato
da Pisanotizie.it, 14 febbraio 2011