12 febbraio 2011

Don Chisciotte cavaliere delle Lettere



Qualunque sia il tempo e il luogo (si tratti della Spagna del Seicento o della contemporaneità postindustriale), che cosa può fare un uomo di lettere, dissennato e indebolito, sognatore inadatto alla realtà, se non fare delle proprie visioni un racconto epico? Attribuire cioè un valore alle proprie farneticazioni, fingersi ricco e temerario, trovare in uno spiantato villico uno scudiero (rinominato Salvo Panza) che lo assecondi e gli regga il gioco. Questo ci raccontava Cervantes e questo ci racconta Ruggero Cappuccio nella sua riscrittura, modernizzata quanto basta per non precipitare nell’attualità. È sempre l’amore di una donna, traguardo di salvezza e di pace, a muovere le imprese di Don Chisciotte, qui trasformato nel professor Michele Cervante; un casco per elmo, un carrello della spesa per cavallo, sfiderà l’uomo e la natura (i mulini a vento sostituiti dalle turbine dell’aria condizionata!) per l’amata Dulcinea. Ma l’errare (nei due sensi, l’inganno della mente e il viaggio del corpo) rimane un gioco o un sogno, in fondo al quale la febbre è un delirio che rinsavisce e induce alla rassegnazione.

Non si può dire quanto abbia danneggiato la messinscena l’assenza dell’interprete designato nel ruolo principale, Roberto Herlitzka. Infortunatosi nel corso di una delle prime repliche, sarà sostituito fino alla fine della tournée da Claudio Di Palma, un altro degli attori storici che fanno capo al sodalizio di Teatro Segreto (l’organismo produttivo di cui Cappuccio è autore e Nadia Baldi regista). Di fatto, per mezzo di una di quelle “variazioni accidentali” che fanno del teatro una cosa viva, Di Palma è riuscito ad alimentare un gioco scenico ulteriore: abilmente dissimulando la necessità di leggere il copione in scena, ha letteralmente sfogliato le pagine della sua immaginaria avventura, concepita sui libri e come un libro ri-vissuta.
Quel che invece nuoce allo spettacolo è la leziosità del testo, nel quale la musicalità insistita, la compiaciuta ricchezza linguistica e dialettale (al napoletano ritoccato di Salvo Panza fa eco e contrappunto l’ibrido italo-spagnolo cavalleresco di Don Chisciotte) e le frequenti incursioni nel registro comico (giocate spesso e volentieri sul calembour e sul qui pro quo) formano un impasto a tratti pedantesco.
La recitazione corposa e intonatissima dei due protagonisti – aerea e vibrata quella di Di Palma, più terrigna ma non meno poetica quella di Arena, dal timbro inconfondibile e rassicurante – il tappeto sonoro di straniante modernità e la scenografia fissa, una fragile architettura di tubi Innocenti che pare sintetizzare un cantiere abbandonato, sono le cose migliori dello spettacolo, unendosi a formare un perfetto inquadramento nosografico dei due eroi (o inetti?).

Un’ora e mezzo di spettacolo, ripagato da applausi convinti, sabato 12 febbraio al Teatro Rossini di Pontasserchio.


Don Chisciotte
di Ruggero Cappuccio
regia Nadia Baldi
con Lello Arena e Claudio Di Palma musiche Paolo Vivaldi
costumi Salvatore Salzano
progetto scene Nicola Rubertelli
scenografia Francesco Esposito
assistente alla regia Iolanda Salvato

da Pisanotizie.it, 14 febbraio 2011