Ci sono certi aspetti di Napoli – certi ritmi, certe pose
immutabili – che possono riconoscersi solo nel teatro di Raffaele Viviani. Pochi
altri artisti sono riusciti a tradurre con tanto estro e sapienza mimetica gli
enigmi più ironici e profondi della città: le cautele scaramantiche nei
confronti dell’ineluttabilità della sorte, la coscienza disordinata che sa
esprimersi soltanto come atto collettivo, la polifonia a un tempo farsesca e disturbante
dell’umanità sottoproletaria.
Il lavoro che Arturo Cirillo ha intrapreso con gli allievi
di Punta Corsara (l’impresa stabile di formazione attoriale a Scampia) e di cui
Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia costituisce il frutto
maturo, fa vibrare tutte queste corde e le mette in risonanza, accelerando il
battito del testo vivianesco, datato 1922.
Mentre il marito, Arturo, è imbarcato, la moglie, Clara, lo
tradisce: lui torna e scopre la tresca; lei muore precipitando dall’appartamento
al quinto piano. Ma si è trattato di un incidente e l’unico a poter raccontare
la verità è il disgraziato ragazzo di servizio, Scemulillo, la cui
testimonianza invece, resa nel caos esagitato e impaurito del vicolo, farà incarcerare
il marito. L’innocenza di quest’ultimo si scoprirà qualche mese dopo e
Scemulillo finirà arrestato per l’accaduto.
Riportata in poche parole la sostanza del “fatto di
cronaca”, si dovrebbe a questo punto restituire, cosa ben più difficile, la qualità
cangiante di quegli spostamenti d’aria che sembrano animare l’andamento della messinscena;
dall’armoniosità dei movimenti coreografici alla concitazione locutoria imposta
agli attori, dalla concretezza sapida dell’inalterato dialetto napoletano alla
frontalità del coro di personaggi, che nella seconda parte si profilano contro uno
scenario in cui i colori della strada sembrano esplosi e gettati sul fondale.
«Partendo da un ambiente di arricchiti, la vicenda precipita
in un vicolo popolato da povera gente e si conclude nella miseria della casa di
Scemulillo. Il nostro lavoro cerca di raccontare, con pochi elementi, questo
cambio di luoghi – spiega il regista – attraverso un graduale restringimento
del luogo dell'azione e una stilizzazione prima di
un terrazzo, poi di un vicolo e infine di una stanza».
Cirillo si fa dunque interprete di un lirismo popolare, profondamente
musicale, ieratico per certi versi, che non giudica e non pronuncia alcuna
morale. È un’operazione compiuta con mano ferma, cercando di contenere la
possibile deriva verso il bozzetto caricaturale (in questo senso la scelta,
forse obbligata, di assegnare alcune parti en travesti rappresentava un
rischio) e maneggiando con padronanza assoluta gli attributi degli attori a
disposizione: eccellente la prova dei professionisti (Salvatore Caruso, che
interpreta Don Giovanni, padre di Clara, e Rosario Giglio nei panni di Arturo) e
sorprendente per tensione e misura quella dei giovani, da cui emerge lo
Scemulillo di Vincenzo Nemolato (nel ruolo che fu di Viviani), sempre al centro
della scena in forza dei suoi scatti spastici, delle sue uscite scombinate, delle
sue furbesche vigliaccherie.
Concepito nella primavera del 2009 e presentato nel giugno
scorso al Napoli Teatro Festival, lo spettacolo è arrivato adesso a un livello
di compiutezza pienamente avvertibile, riconosciuto e ripagato dal pubblico.
La serata del Teatro Era è proseguita con I fiori
d’arancio di Andrea Saggiorno, un’altra opera presentata in anteprima
durante il Festival napoletano della scorsa estate.
Visioni intermittenti su pellicola, come prelevate da un
cinema presonoro (con il commento musicale del pianista in scena), letture
poetiche e azioni muscolari compongono una sequenza erratica di conclusioni, poste
in sospensione, in cui gli attori fanno del proprio corpo ombra, luce e colore,
dietro un velo bianco sfiorato da due fasci luminosi. Messinscena della vita
nella sua ritualità e instabilità, si tratta di un lavoro di non semplice
ricezione, che accumula segni e immagini, procedendo per atterraggi senza
essere mai decollato: senz’altro da rivedere.
Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia
a cura di Arturo Cirillo
con Salvatore Caruso, Tonino Stornaiuolo, Vincenzo Nemolato, Christian Giroso, Emanuele Valenti, Maddalena Stornaiuolo, Pasquale De Martino, Gianni Rodrigo Vastarella, Valeria Pollice, Giuseppina Cervizzi, Mirko Calemme, Rosario Giglio
fonico Punta Corsara Marco Esposito
macchinisti Punta Corsara Giuseppe Di Lorenzo, Enrico Giordano
ideazione dello spazio scenico Dario Gessati
coordinamento costumi Gianluca Falaschi
musica Francesco De Melis
disegno luci Badar Farok
pianoforte Enrica Sciandone
suono Davide Abruzzese
a cura di Arturo Cirillo
con Salvatore Caruso, Tonino Stornaiuolo, Vincenzo Nemolato, Christian Giroso, Emanuele Valenti, Maddalena Stornaiuolo, Pasquale De Martino, Gianni Rodrigo Vastarella, Valeria Pollice, Giuseppina Cervizzi, Mirko Calemme, Rosario Giglio
fonico Punta Corsara Marco Esposito
macchinisti Punta Corsara Giuseppe Di Lorenzo, Enrico Giordano
ideazione dello spazio scenico Dario Gessati
coordinamento costumi Gianluca Falaschi
musica Francesco De Melis
disegno luci Badar Farok
pianoforte Enrica Sciandone
suono Davide Abruzzese
produzione Punta Corsara - Fondazione Campania dei
Festival in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli
I fiori d’arancio
letture da Ludwig Wittgenstein, Jean Genet, Publio Ovidio
Nasone, Derek Jerman, Fatos Arap
regia e disegno luci Andrea Saggiorno
con Gaëlle Cavalieri, Fulvio Padulano, Gianluca Raia
suoni Carmine Onorati
assistente alla drammaturgia Carmela Covino
musiche Emiliano Bugatti
produzione Associazione culturale DAMM
da Pisanotizie.it, 22 marzo 2010