21 marzo 2010

A Pontedera si parla napoletano per una sera



Ci sono certi aspetti di Napoli – certi ritmi, certe pose immutabili – che possono riconoscersi solo nel teatro di Raffaele Viviani. Pochi altri artisti sono riusciti a tradurre con tanto estro e sapienza mimetica gli enigmi più ironici e profondi della città: le cautele scaramantiche nei confronti dell’ineluttabilità della sorte, la coscienza disordinata che sa esprimersi soltanto come atto collettivo, la polifonia a un tempo farsesca e disturbante dell’umanità sottoproletaria.
Il lavoro che Arturo Cirillo ha intrapreso con gli allievi di Punta Corsara (l’impresa stabile di formazione attoriale a Scampia) e di cui Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia costituisce il frutto maturo, fa vibrare tutte queste corde e le mette in risonanza, accelerando il battito del testo vivianesco, datato 1922.
Mentre il marito, Arturo, è imbarcato, la moglie, Clara, lo tradisce: lui torna e scopre la tresca; lei muore precipitando dall’appartamento al quinto piano. Ma si è trattato di un incidente e l’unico a poter raccontare la verità è il disgraziato ragazzo di servizio, Scemulillo, la cui testimonianza invece, resa nel caos esagitato e impaurito del vicolo, farà incarcerare il marito. L’innocenza di quest’ultimo si scoprirà qualche mese dopo e Scemulillo finirà arrestato per l’accaduto.
Riportata in poche parole la sostanza del “fatto di cronaca”, si dovrebbe a questo punto restituire, cosa ben più difficile, la qualità cangiante di quegli spostamenti d’aria che sembrano animare l’andamento della messinscena; dall’armoniosità dei movimenti coreografici alla concitazione locutoria imposta agli attori, dalla concretezza sapida dell’inalterato dialetto napoletano alla frontalità del coro di personaggi, che nella seconda parte si profilano contro uno scenario in cui i colori della strada sembrano esplosi e gettati sul fondale.
«Partendo da un ambiente di arricchiti, la vicenda precipita in un vicolo popolato da povera gente e si conclude nella miseria della casa di Scemulillo. Il nostro lavoro cerca di raccontare, con pochi elementi, questo cambio di luoghi – spiega il regista – attraverso un graduale restringimento del luogo dell'azione e una stilizzazione prima di
un terrazzo, poi di un vicolo e infine di una stanza».
Cirillo si fa dunque interprete di un lirismo popolare, profondamente musicale, ieratico per certi versi, che non giudica e non pronuncia alcuna morale. È un’operazione compiuta con mano ferma, cercando di contenere la possibile deriva verso il bozzetto caricaturale (in questo senso la scelta, forse obbligata, di assegnare alcune parti en travesti rappresentava un rischio) e maneggiando con padronanza assoluta gli attributi degli attori a disposizione: eccellente la prova dei professionisti (Salvatore Caruso, che interpreta Don Giovanni, padre di Clara, e Rosario Giglio nei panni di Arturo) e sorprendente per tensione e misura quella dei giovani, da cui emerge lo Scemulillo di Vincenzo Nemolato (nel ruolo che fu di Viviani), sempre al centro della scena in forza dei suoi scatti spastici, delle sue uscite scombinate, delle sue furbesche vigliaccherie.
Concepito nella primavera del 2009 e presentato nel giugno scorso al Napoli Teatro Festival, lo spettacolo è arrivato adesso a un livello di compiutezza pienamente avvertibile, riconosciuto e ripagato dal pubblico.

La serata del Teatro Era è proseguita con I fiori d’arancio di Andrea Saggiorno, un’altra opera presentata in anteprima durante il Festival napoletano della scorsa estate.
Visioni intermittenti su pellicola, come prelevate da un cinema presonoro (con il commento musicale del pianista in scena), letture poetiche e azioni muscolari compongono una sequenza erratica di conclusioni, poste in sospensione, in cui gli attori fanno del proprio corpo ombra, luce e colore, dietro un velo bianco sfiorato da due fasci luminosi. Messinscena della vita nella sua ritualità e instabilità, si tratta di un lavoro di non semplice ricezione, che accumula segni e immagini, procedendo per atterraggi senza essere mai decollato: senz’altro da rivedere.


Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia
a cura di Arturo Cirillo
con Salvatore Caruso, Tonino Stornaiuolo, Vincenzo Nemolato, Christian Giroso, Emanuele Valenti, Maddalena Stornaiuolo, Pasquale De Martino, Gianni Rodrigo Vastarella, Valeria Pollice, Giuseppina Cervizzi, Mirko Calemme, Rosario Giglio
fonico Punta Corsara Marco Esposito
macchinisti Punta Corsara Giuseppe Di Lorenzo, Enrico Giordano
ideazione dello spazio scenico Dario Gessati
coordinamento costumi Gianluca Falaschi
musica Francesco De Melis
disegno luci Badar Farok
pianoforte Enrica Sciandone
suono Davide Abruzzese
produzione Punta Corsara - Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli

I fiori d’arancio
letture da Ludwig Wittgenstein, Jean Genet, Publio Ovidio Nasone, Derek Jerman, Fatos Arap
regia e disegno luci Andrea Saggiorno
con Gaëlle Cavalieri, Fulvio Padulano, Gianluca Raia
suoni Carmine Onorati
assistente alla drammaturgia Carmela Covino
musiche Emiliano Bugatti
produzione Associazione culturale DAMM

da Pisanotizie.it, 22 marzo 2010