Napoli, Quartieri Spagnoli, una griglia di strade e vicoli
ammatassati, di cantonate e chiesette, di caos e musica. Musica radiofonica,
voce di città o colonna sonora; musica che penetra in uno dei tanti bordelli e
lo sommuove, raccontando di un desiderio di libertà ed evasione.
Non è impropria la definizione di recital scelta da Moscato
per questa Toledo Suite, in cui si alterna
una collezione di versi e canzoni, intimamente pronunciata da una piccola e
validissima orchestra da camera (qui peraltro in una formazione ancor più
ridotta rispetto ad altre apparizioni).
Gli amanti di Moscato vi leggeranno un altro capitolo di una
carriera fatta di percorrenze e intermittenze, di inconfondibili tracciati
autobiografici in un tessuto di riferimenti alla cultura “alta”. Chi non è tra
i conoscitori dell’artista napoletano farà invece più fatica a estrarne una
narrazione, anche per via della distanza che il pur morbido dialetto usato da
Moscato inevitabilmente scava. Non riconoscerà pertanto, tra i versi declamati
tra una canzone e l’altra, le parole di Luparella,
e prima ancora di Tiempe sciupate,
due lavori che risalgono a più di vent’anni fa.
Sia gli uni che gli altri potranno tuttavia lasciarsi affascinare
dalla varietà delle canzoni e dai raffinati arrangiamenti di Pasquale Scialò,
tra i maggiori musicologi e specialisti della musica napoletana: brani
originali che una medesima tonalità o ispirazione tiene insieme ad altri –
vecchi standard (Weill e Viviani, Armando Gill e Nino Taranto) ed evergreen del
patrimonio partenopeo (come Anema e core
o Scalinatella) – proprio come i
movimenti di una suite.
Il rapporto di Moscato con il canto possiede del resto
qualcosa di carsico, talora emergente e capace di dare origine a spettacoli
come Embargos o Cantà; in altri casi sottotraccia, pur rimanendo contrassegno della
sua pratica scenica e, per così dire, indicazione geografica tipica. È pur vero
che le corde vocali di Moscato sono ormai meno flessuose delle sue mani, ancora
agili e musicali nell’accompagnare il suono della chitarra e del violino.
Se la struttura formale è quella di una suite, qualcosa di cinematografico percorre lo spettacolo, a
cominciare dal titolo proiettato su un velo che separa il palco dalla platea,
come all’inizio di un film. Lo stesso velo su cui si fermeranno le proiezioni
dei disegni di Mimmo Paladino, attraversandolo per terminare poi, duplicandosi,
sul fondale nero. Disegni in verità assai deboli e superflui, nient’altro che schizzi
frettolosi di un grafismo elementare. Assai più evocativa sarebbe stata una
scelta di inserti video, found footage o filmati d’epoca, che avesse restituito
visivamente la musicalità dei Quartieri Spagnoli, la disperata vitalità dei
bassifondi; che avesse cioè indicizzato la topografia urbana e spirituale
cantata da Moscato. Ma Toledo suite è
uno spettacolo di transizioni e dissolvenze più che di sintassi; di sussurri, frammenti
malinconici e vedute interrotte più che di consistenze; di galleggiamenti e
inseguimenti più che di corpi in azione.
Circa un’ora di recital, applaudito con qualche
tentennamento, al Teatro Rossini di Pontasserchio, sabato 2 aprile.
Toledo Suite
recital tra musica e teatro
recital tra musica e teatro
testi e regia Enzo
Moscato
chansonnier Enzo
Moscato
musicisti Claudio
Romano (chitarra), Paolo Sasso (violino)
immagini sceniche Mimmo Paladino
elaborazioni e
direzione musicale Pasquale Scialò
luci Cesare
Accetta
costumi Tata
Barbalato
produzione
Compagnia Teatrale Enzo Moscato/Fondazione Tramontano Arte/Nuova Opera Festival
da Pisanotizie.it, 4 aprile 2011