Analizzando
retrospettivamente la teatrografia di Marco Baliani si sarebbe tentati di
escludere Frollo dal novero
delle produzioni “maggiori”. L’attore piemontese, si direbbe infatti, ha
fornito, anche come autore, prove più convincenti, più mature, di spessore
drammaturgico più consistente (come il Kohlhaas
che torna in scena oggi a San Miniato). Cionondimeno, questa “fiaba
metropolitana” scritta insieme a Mario Bianchi, rispolverata circa un
quindicennio dopo la sua prima apparizione, non lascia indifferenti, in virtù
della sua freschezza linguistica e delle catturanti acrobazie narrative.
Se Collodi ha intagliato un fanciullo di legno e Palazzeschi ha dato
fiato a un uomo di fumo, Baliani si è accontentato, per così dire, di un
ragazzo di pasta frolla, nato nel laboratorio di una buffa coppia di
pasticcieri. Seduto da solo, nella cubatura scura e spoglia del palcoscenico,
Baliani segue nel racconto, infarcito di metafore dolciarie, le avventure di
Frollo, da un nido d’aquila fino alla punta estrema del mondo, in cerca del
magico verduzio, l’unico elemento capace di fermare il mostruoso e proteiforme
Girmi. Infine, come il più famoso burattino, Frollo avrà in dono un corpo
umano, e una vita da spendere.
Stupisce che in uno spettacolo in cui la vocalità – ricca, disinvolta,
mai distante – è il codice dominante, siano i movimenti a costituire la
ricchezza maggiore: le linee del corpo ridisegnano incessantemente i contorni
dei personaggi cercandone, nel breve arco concesso dalla posizione fissa, i
tratti più significativi, le pose caricaturali, i particolari comici. Quando
questa fiaba fu pensata, intorno alla metà degli anni Novanta, non conoscevamo
ancora i terreni del teatro di narrazione, terreni che molti, dopo Baliani,
hanno calpestato, fin quasi a renderli sterili. E la volontà del lavoro è assai
lontana dal cercare di convincere o consolare con la forza della parola o con
la robustezza della trama, che è anzi leggera, aerea, priva di moralismi o
doppi sensi. L’impresa dello spettacolo consiste piuttosto nell’esercizio
ritmico continuo, nella tenuta saldissima del tempo teatrale, al quale si
richiede la capacità di far presa su un pubblico esigente, o impaziente, per
essere più chiari, come quello composto da bambini e ragazzi. Agli adulti, a
cui adesso Frollo torna a rivolgersi,
comunica un senso di libertà creativa e insperata originalità.
Monologo di un’ora, applaudito con convinzione, giovedì 2 dicembre al
Teatro S. Andrea.
Frollo
di Marco Baliani e Mario Bianchi
da Pisanotizie.it, 3 dicembre 2010