2 dicembre 2010

Dolce come un biscotto



Analizzando retrospettivamente la teatrografia di Marco Baliani si sarebbe tentati di escludere Frollo dal novero delle produzioni “maggiori”. L’attore piemontese, si direbbe infatti, ha fornito, anche come autore, prove più convincenti, più mature, di spessore drammaturgico più consistente (come il Kohlhaas che torna in scena oggi a San Miniato). Cionondimeno, questa “fiaba metropolitana” scritta insieme a Mario Bianchi, rispolverata circa un quindicennio dopo la sua prima apparizione, non lascia indifferenti, in virtù della sua freschezza linguistica e delle catturanti acrobazie narrative.

Se Collodi ha intagliato un fanciullo di legno e Palazzeschi ha dato fiato a un uomo di fumo, Baliani si è accontentato, per così dire, di un ragazzo di pasta frolla, nato nel laboratorio di una buffa coppia di pasticcieri. Seduto da solo, nella cubatura scura e spoglia del palcoscenico, Baliani segue nel racconto, infarcito di metafore dolciarie, le avventure di Frollo, da un nido d’aquila fino alla punta estrema del mondo, in cerca del magico verduzio, l’unico elemento capace di fermare il mostruoso e proteiforme Girmi. Infine, come il più famoso burattino, Frollo avrà in dono un corpo umano, e una vita da spendere.
Stupisce che in uno spettacolo in cui la vocalità – ricca, disinvolta, mai distante – è il codice dominante, siano i movimenti a costituire la ricchezza maggiore: le linee del corpo ridisegnano incessantemente i contorni dei personaggi cercandone, nel breve arco concesso dalla posizione fissa, i tratti più significativi, le pose caricaturali, i particolari comici. Quando questa fiaba fu pensata, intorno alla metà degli anni Novanta, non conoscevamo ancora i terreni del teatro di narrazione, terreni che molti, dopo Baliani, hanno calpestato, fin quasi a renderli sterili. E la volontà del lavoro è assai lontana dal cercare di convincere o consolare con la forza della parola o con la robustezza della trama, che è anzi leggera, aerea, priva di moralismi o doppi sensi. L’impresa dello spettacolo consiste piuttosto nell’esercizio ritmico continuo, nella tenuta saldissima del tempo teatrale, al quale si richiede la capacità di far presa su un pubblico esigente, o impaziente, per essere più chiari, come quello composto da bambini e ragazzi. Agli adulti, a cui adesso Frollo torna a rivolgersi, comunica un senso di libertà creativa e insperata originalità.

Monologo di un’ora, applaudito con convinzione, giovedì 2 dicembre al Teatro S. Andrea.


Frollo
di Marco Baliani e Mario Bianchi
con Marco Baliani

da Pisanotizie.it, 3 dicembre 2010