4 novembre 2010

Non sempre chi tace acconsente



Mastino è un pianista. Ha la calata fiorentina, indossa una marsina bianca da concerto. In isolamento coltiva la sua misantropia, la sua nevrotica intolleranza verso le cose e le persone: offende la mediocrità della sorella, rovinandole il matrimonio; rivive dolorosamente il conflitto con il padre, ancora non risolto; ha in odio tutte le manifestazioni deteriori della cultura e dell’arte; ma soprattutto subisce l’ascendente di Glenn Gould, il vecchio compagno di studi, l’amico e antagonista, più talentuoso, più geniale, migliore perfino nell’aver saputo rinunciare alla vita sociale.
A una festa organizzata nella sua abitazione, Mastino ascolta le conversazioni degli invitati senza dire una parola, sopporta l’ennesimo scacco sentimentale e infine dà spettacolo, esibendosi quasi in delirio su un pianoforte scordato. È l’ultimo atto, l’ultima quantità di energia dissipata, prima di far giustizia di sé, confine estremo della propria vulnerabilità.

Quella sintetizzata è la rielaborazione scenica che la compagnia Biancofango fa di uno degli ultimi romanzi di Thomas Bernhard, Il soccombente, centrato sull’amicizia e sui combattimenti psicologici che si innescano fra tre pianisti, a causa della dirompente personalità di uno di questi, il grande Glenn Gould.
Che cosa trattiene del testo di Bernhard la scrittura drammaturgica di Francesca Macrì e Andrea Trapani? naturalmente la figura del protagonista, fragile quanto intransigente, incapace di far strumento dell’invidia e della rivalità, da cui è schiacciato fino all’autodistruzione; recupera poi la tendenza compulsiva, tipica dello scrittore austriaco, a ripetere le stesse parole, variandole minimamente fino a esaurirle, fin quasi a prosciugarne il senso, che ha il suo corrispettivo qui nelle ricchissime modulazioni della voce di Andrea Trapani, nella sua partitura gestuale mobilissima, nell’uso ricorsivo di certi scatti vocali e fisici. È ben calibrato Trapani, sardonico e solenne, con il guizzo della follia, nel far vibrare un monologo a tratti impervio, carico di deviazioni polifoniche, fin quasi schizofreniche, di ironia sprezzante e urla spezzate.
Resta infine dello stile di Bernhard quel senso di continua sospensione, di volo ininterrotto e ineluttabile, che riflette la cronica incapacità di esserci, di essere nel mondo, di essere adatti alla vita. È, del resto, l’inettitudine (o in-attitudine) il tema che ha dominato la ricerca drammaturgica della compagnia Biancofango per questo spettacolo e per i due che lo hanno preceduto (In punta di piedi e La spallata, che completano una sorta di trilogia), in caccia del « ritmo di un respiro, il respiro di chi si sente sempre al di qua, di chi non riesce a trovare la propria strada eppure la desidera disperatamente».

Per poco più di un’ora, giovedì 4 novembre, nella sala purtroppo non piena del Cinema Teatro Lux.


Fragile show
drammaturgia e regia Francesca Macrì e Andrea Trapani
con Andrea Trapani
costume di scena Isabella Faggiano
disegno luci Mirco Maria Coletti

da Pisanotizie.it, 5 novembre 2010