Mangiami l’anima e poi
sputala, della giovane compagnia barese Fibre Parallele (fondata e composta
da Licia Lanera e Riccardo Spagnuolo), trae origine da un breve romanzo di
Giovanna Furio, di cui porta anche il titolo. Fortunatamente si tratta solo di
uno spunto, giacché del romanzo non rimane che una vaga ascendenza narrativa,
vale a dire l’idea di un Cristo che torna tra gli uomini e si stabilisce a casa
della donna che lo aveva invocato. Dico “fortunatamente” poiché il libro è
davvero poca cosa: lo stile aggressivo dell’autrice vorrebbe riprodurre con
segni blasfemi e vocabolario “di tendenza” il mondo allucinato e incubotico di
una giovane donna, traumatizzata da un passato di violenze subite, ma potrebbe
al massimo fornire la traccia a una graphic novel sul registro dark. La coppia
di autori pugliesi interviene invece sul personaggio femminile del romanzo, facendone
un pretesto per riflettere sul bigottismo sessuofobico di una parte della
provincia italiana (non dico meridionale, anche se sottinteso nello spettacolo,
perché certi tratti possono presentarsi ad ogni latitudine). Così, nella prima
sequenza, la stereotipata devozione della protagonista – una parrocchiana
zitella e pudica inginocchiata ai piedi del crocifisso – riesce inopinatamente
a riportare in vita il figlio di Dio; nel discendere dalla Croce Gesù torna dunque
a farsi umano, fin troppo tuttavia, trasformandosi in una specie di immigrato dall’accento
slavo, tanto virile quanto vizioso, scroccone, fumatore, rozzo e piacione. Le
sue “lezioni d’amore” (tra cui una spassosissima sessione di aerobica) cercano
di indebolire la resistenza della donna al piacere carnale. Spinta contro la
sua volontà a consumare l’improbabile unione, la trepida beghina rimane
schiacciata dal senso di colpa; decide così di farla finita e con una lama da
macellaio, nell’evocativa scena conclusiva, martirizza una seconda volta il
corpo di Cristo.
La messinscena, che può vantare numerose repliche nei cinque
anni dalla sua prima apparizione (2007), trae forza da un’evidente ambizione
dissacrante, che si manifesta in maniera sgraziata; mi riferisco alla
recitazione leggera, scarsamente educata dei due attori e agli inserti audio
introdotti tra i dialoghi come un ridondante contrappunto grottesco: canzoni
tratte dal più consumistico repertorio pop/dance e frammenti di trasmissioni di
Radio Maria, sermoni, preghiere e fanatici ammonimenti. Ma nella fragilità
della concezione drammaturgica (decisamente più robusta negli spettacoli
successivi della compagnia) sopravvive la vitalità comica di una performance
buffa e licenziosa, un’energia potenziale che nasce dal trovarsi con un piede
nel baratro del cattivo gusto, senza tuttavia precipitarvi.
Mangiami l'anima e
poi sputala
Ispirato al romanzo omonimo di Giovanna Furio
Selezione Premio Scenario 2007
di e con Licia
Lanera e Riccardo Spagnulo
assistente alla regia
Maria Elena Germinario
luci Carlo
Quartararo
scene Gianluigi
Carbonara
da Pisanotizie.it, 16 aprile 2012