8 gennaio 2012

Chi ha paura di Arturo Ui?



Scritto dopo l’instaurazione della dittatura nazista ma prima delle atrocità dell’olocausto, La resistibile ascesa di Arturo Ui, affermò Brecht, “è un tentativo di spiegare l’ascesa di Hitler al mondo capitalista, trasferendola in un ambiente che gli è familiare”. Ebbene, come si costruisce un consenso di massa? Scegli una comunità sufficientemente indebolita da affidarsi al primo che capita con atteggiamenti da leader, circondati di tirapiedi e aguzzini dal grilletto facile, impara l’arte di parlare in pubblico, elimina i tuoi avversari, seduci o minaccia tutti gli altri. Che si tratti di Al Capone, di Adolf Hitler o dell’ottuso boss dei cavolfiori di Chicago Arturo Ui c’è poca differenza, insinua Brecht. La metafora regge fino a un certo punto, ma fa comunque riflettere.
Caricatura o alter-ego del Führer, con quel nome, Arturo, che adombra la mala italo-americana (tutti i suoi scagnozzi portano cognomi che sono storpiature di quelli dei gerarchi nazisti), il protagonista con il suo stolido arrivismo satireggia la megalomania di chi si vuole sul gradino più alto nella gerarchia del potere.

L’incontenibile tendenza di Orsini all’ammicco metateatrale e mattatoriale, al controtravestimento, all’autocitazione ironica, ha buon gioco in questo caso perché piega verso la sguaiata musicalità da Kabarett che attraversa l’intero spettacolo. Il quasi ottantenne primattore impregna il suo Ui di momenti lugubri e movenze caricate, che scimmiottano il guittesco portamento hitleriano, lasciando appena ricordare il lirismo di Chaplin (Il grande dittatore, di cui il testo brechtiano è parente non lontano, uscì negli stessi anni).
I talentuosi attori-cantanti-showmen che completano la compagnia, abbigliati come maschere grottesche e pacchiane che sembrano uscire da un dipinto di Dix o Grosz, sostengono la porzione più grossa dell’azione, alimentandola con sequenze baracconesche a ritmo di ballata.
Ne viene fuori una messinscena che prova a lucidare, forse con eccessivo compiacimento, la superficie opaca del testo brechtiano. L’illusione di partecipare alla lotta tra il bene e il male (naturalmente schierandosi tra i “buoni”) è una visione consolante ed eufemistica che funziona in ogni epoca. Delle vetuste sbandate ideologiche del brechtismo fa a meno la riscrittura di Longhi e del suo dramaturg Luca Micheletti (premiata nel 2011 con il premio Ubu), il cui maggior pregio sta nell’aver trattato con perspicacia e adeguato sense of humour la logica strutturale dell’opera: il suo ripudio dello sviluppo drammatico canonico a vantaggio di una costruzione “epica” (che per Brecht equivale a esibire interventi stranianti, smascherando la natura fittizia della circostanza teatrale); il suo montaggio cinematografico, si potrebbe dire televisivo (nel suo significato migliore, non si inalberino gli snob!), fatto di stacchi, intermezzi musicali e siparietti da avanspettacolo; la frizione comica tra la sordida vicenda, ambientata nei mercati ortofrutticoli, e l’enfasi declamatoria da operetta.
Sensata l’ambientazione scenica, in cui decine di cassette di verdura formano i piani dei grattacieli di Chicago; lo skyline illuminato da riflettori colorati è lo sfondo di una metropoli rutilante e aggressiva, come doveva essere la Berlino degli anni Trenta, solcata da ariette malinconiche e guizzanti songs in tono maggiore, in parte recuperati dalle musiche originali di Hans-Dieter Hosalla. 
Un’ultima considerazione, a mo’ di appello: ho letto finalmente un programma di sala che aggiunge qualcosa alla messinscena e non un fogliaccio spoglio e vaniloquente. Speriamo che diventi una buona abitudine anche nelle produzioni meno facoltose.

Due ore e mezzo di spettacolo, applaudito a lungo, visto domenica 8 gennaio al Teatro ERA di Pontedera.


La resistibile ascesa di Arturo Ui
di Bertolt Brecht
traduzione Mario Carpitella
regia Claudio Longhi
dramaturg Luca Micheletti
con Umberto Orsini, Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
musiche originali Hans-Dieter Hosalla; fisarmonica e arrangiamenti Olimpia Greco
scene Antal Csaba
costumi Gianluca Sbicca
luci Paolo Pollo Rodighiero
produzione Teatro di Roma, Emilia Romagna Teatro Fondazione

da Pisanotizie.it, 9 gennaio 2012